BETULLE DELL’ETNA, PATRIMONIO NATURALE A RISCHIO
FOTOGALLERIA Questa specie endemica popola con scenografica bellezza le pendici del vulcano. Oggi soffre a causa di attacchi patogeni, del cambiamento climatico e del diverso uso delle risorse forestali
di Michela Costa
Sottile e slanciata, elegante nella sua corteccia bianca, in Europa la betulla è affettuosamente soprannominata la Signora dei Boschi e il motivo è semplice: oltre che per bellezza e portamento, questa affascinante specie arborea si distingue per l’elevato pregio botanico e per l’importanza che riveste dal punto di vista ecologico, naturalistico e paesaggistico.
La betulla bianca, o Betula pendula, è un albero dalle foglie caduche (ovvero durante la stagione invernale perde le foglie) appartenente alla famiglia delle Betulaceae. Particolarmente resistente al freddo, è diffusa in tutte le aree settentrionali dell’emisfero boreale, dalla Svezia, alla Finlandia fino alla Siberia ed è nota fin dall’antichità come pianta degli inizi per la sua capacità di colonizzare terreni poco fertili, permettendo la ricostruzione del bosco.
Non tutti però sanno che la betulla, tipica di paesaggi scandinavi, si trova anche in Sicilia e più precisamente sull’Etna che, di scandinavo, ha ben poco. La sua presenza sull’isola, a latitudini così insolite per una specie che viene dal Nord Europa, è da ricondurre agli effetti che l’ultima glaciazione (Wurm – 70.000/10.000 anni fa) ha prodotto sugli habitat siciliani.
Trovandosi in condizioni di temperature estremamente basse e favorevoli per la sua diffusione, la betulla ha potuto allargare il proprio areale di distribuzione espandendosi dalle latitudini scandinave fino a diverse zone della Sicilia. Quando al termine della glaciazione, all’incirca 10.000 anni fa, le temperature tornarono gradualmente a innalzarsi, in Sicilia la betulla andò progressivamente scomparendo per rimanere confinata nella sola zona etnea, l’unica fascia climatica a mantenere temperature adatte alla sua sopravvivenza. Con il passare del tempo la betulla etnea si è adattata al clima e al terreno vulcanico dell’Etna modificando alcune sue caratteristiche fino a diventare un endemismo puntiforme, cioè una specie esclusiva di una piccolissima parte di territorio, unica al mondo: Betula aetnensis.
La betulla dell’Etna presenta caratteristiche diverse rispetto alla comune betulla europea: il tronco appare più chiaro poiché, visto l’ambiente arido in cui si trova, non vi sono abbastanza licheni a colonizzare il fusto mascherandone l’aspetto originale, come invece avviene a latitudini maggiori; inoltre il terreno lavico rende ancora più appariscenti i tronchi esaltandone maggiormente il colore. Si staglia con la sua corteccia dai caratteristici disegni a forma di occhio e la sua chioma leggera e luminosa sul nero della sabbia vulcanica, creando contrasti unici al mondo, specialmente in autunno, quando il colore delle foglie diventa di uno splendido giallo dorato e in inverno, quando i fusti spogli sono raggiunti da una fitta nebbia tipica delle aree montane del vulcano.
Sull’Etna la betulla si concentra specialmente sul versante di nord-est a quote comprese tra 1450 metri e 2000 metri ed è simbolo di forza e rinascita: si tratta infatti di una specie pioniera che colonizza il terreno preparandolo alle specie che arriveranno successivamente. Non sorprende come diversi esemplari di betulla, nonostante le frequenti e devastanti eruzioni dell’Etna, siano riuscite a sopravvivere: durante l’attività parossistica del 23 febbraio 2013, un’intensa ricaduta di materiale piroclastico di notevoli dimensioni ha decimato la popolazione di betulle sul fianco settentrionale del vulcano; fortunatamente, un anno dopo, i primi germogli sono riapparsi su alcuni esemplari della colonia colpita.
Purtroppo, proprio in quest’area del vulcano, soprattutto attorno alla zona dei Monti Sartorius, sono stati individuati progressivi e vistosi peggioramenti dello stato di salute dei betulleti: ogni anno, infatti, sempre più alberi sono affetti da forme di microfillia (rimpicciolimento delle foglie), appassimenti e disseccamenti rameali, alterazioni dei tessuti legnosi, sradicamento dei polloni con la conseguente moria di numerosi esemplari. Questo fenomeno è registrato ormai da circa 10 anni e la causa è da imputare a un complesso quadro in cui intervengono sia fattori biotici legati all’attacco da parte di funghi patogeni (Armillaria e Heterobasidion) sia fattori abiotici. Tra questi si inquadrano il diverso uso delle risorse forestali dovute ai cambiamenti economici e sociali e gli effetti del progressivo riscaldamento climatico.
Nella zona dei Monti Sartorius non è raro imbattersi in alberi di betulla completamente sradicati e altri visibilmente malati, il cui tronco evidenzia una caratteristica colorazione arancio-marrone dovuta a essudazioni del fusto danneggiato dagli attacchi patogeni.
Il professor Giovanni Spampinato, docente di Botanica Ambientale Applicata all’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha effettuato diversi studi sulle dinamiche evolutive dei popolamenti di betulle, indagando le cause della moria registrata nell’ultimo decennio.
Gli studi effettuati da Spampinato, riportati in un articolo scientifico, confermano che il paesaggio forestale etneo è destinato, nell’immediato futuro, a cambiare. “I cambiamenti climatici sono una delle principali cause di perdita di biodiversità a livello globale, poiché causano profonde modifiche sugli ecosistemi, influenzando la possibilità di sopravvivenza delle specie” afferma Spampinato.
“La velocità dei cambiamenti in corso [dovuti al riscaldamento climatico] è decisamente superiore alla capacità degli organismi viventi di evolversi e adattarsi alle nuove condizioni climatiche; viene così rotto l’equilibrio tra specie e ambiente e ciò causa sugli organismi condizioni di stress particolarmente evidenti nelle specie con esigenze ecologiche specializzate e ristrette come Betula aetnensis. Inoltre il riscaldamento dell’atmosfera causa in questa specie una situazione di stress che ne compromette la capacità di crescita vegetativa, di riproduzione, di difesa dai patogeni e di competizione con le altre specie vegetali che vivono nel suo ambiente. Ciò è particolarmente evidente nei popolamenti di betulla a bassa quota, come quelle dei Monti Sartorius, che risentono maggiormente del riscaldamento dell’atmosfera”, spiega Spampinato.
Un fattore che ha, inoltre, contribuito all’indebolimento delle ceppaie è legato alla sospensione degli interventi selviculturali che, dalla seconda metà del 1900, non sono più stati eseguiti. I boschi di betulla dell’Etna in passato erano, infatti, sottoposti a sistematiche utilizzazioni: già nel 1800 i contadini governavano la betulla a ceduo, una tecnica di utilizzazione sostenibile del bosco che si basa sulla proprietà di alcuni alberi di generare nuovi germogli a seguito del taglio di parte della ceppaia.
La legna veniva utilizzata per botti e per la produzione di carbone vegetale, particolarmente apprezzato per gli antichi ferri da stiro in quanto non dava luogo ad emissione di scintille. Con l’interruzione delle attività selviculturali sull’Etna, che determinavano un costante ringiovanimento della ceppaia, le dinamiche evolutive dei popolamenti di betulla sono drasticamente cambiate.
“È difficile stimare i tempi di questo processo, ma in assenza di specifici interventi il prezioso paesaggio dei betulleti etnei è destinato a scomparire”, conclude Spampinato.
Per salvare la betulla dell’Etna, unica al mondo, si rende quindi necessario e urgente promuovere modelli sperimentali che consentano di definire strategie finalizzate alla conservazione di questo prezioso e particolare patrimonio forestale. Il ripristino della ceduazione della betulla potrebbe contribuire a preservare la specie soprattutto considerato che si tratta di una tecnica selvicolturale di basso impatto ambientale e paesaggistico.
Nella foto: Il complesso craterico dei Monti Sartorius, Monte Frumento delle Concazze e la parete nord-est dell’Etna ospitano colonie di betulle e pini larici. Versante settentrionale dell’Etna.
Fotografia di Marco Restivo
Cliccate sulle immagini per scorrere la fotogalleria
© Riproduzione riservata
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!